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  • 3 min lettura

    Il nome originale di questo sake, conosciuto in Italia come Hatsumago dry, è Hatsumago Makiri. Makiri significa “tagliare il diavolo” ed è il nome con cui i pescatori chiamavano i coltelli che usavano per tagliare le reti da pesca. Questi coltelli venivano considerati dei veri e propri amuleti, perché un tempo tanti pescatori perdevano la vita in mare a causa del brutto tempo.

    Il makiri doveva essere molto affilato per poter sistemare le reti attorcigliate, e questa caratteristica è stata ricercata anche nella creazione di Hatsumago dry, sake secco e tagliente, gustoso ma adatto anche a essere bevuto senza stancarsi al “Nijikai”, il "post festa", ossia il proseguimento della serata, quando solitamente i giapponesi si riuniscono in altri locali per continuare a bere.

    Hatsumago Dry

    Allo stesso modo si è cercato di ottenere un gusto adatto ai piatti tipici della zona di Shonai (la parte ovest di Yamagata sul mare del Giappone), dove vengono consumati molti pesci bianchi che crescono nelle acque fredde del mare del Giappone.

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    Riso

    Per realizzare un sake secco, la fermentazione deve essere effettuata a bassa temperatura e per lungo tempo. A tal fine, è necessario utilizzare un riso molto duro con uno shinpaku (parte centrale con amido) grande. Il riso scelto da Hatsumago per questo sake è il sakamai Miyamanishiki, levigato fino a 55% per ottenere il profumo di ginjo. Inizialmente il riso veniva levigato meno, ed è per questo che Hatsumago Dry, pur avendo ora le caratteristiche di un Junmai ginjo, è ancora classificato come Junmai, proprio perché si è scelto di mantenere la classificazione originale.

    Hatsumago utilizza solo ed esclusivamente il metodo kimoto, in cui nello shubo (madre del sake) vengono prodotti meno aminoacidi, perché la temperatura di fermentazione è più bassa per evitare che troppa energia aiuti le parti già forti a discapito degli acidi lattici nuovi e ancora deboli.

    Questo solitamente dà un sapore piacevole al prodotto finale, andando a togliere la parte “grezza” e riducendo di conseguenza il retrogusto amarognolo.

    Koji

    La preparazione del riso-koji è la parte più importante nella produzione di questo sake perché, al fine di non far proliferare più i miceli del fungo koji, che provocano una saccarificazione dell’amido del riso troppo rapida, è necessario “chiudere il koji”, ossia asciugare più del solito il kojimai, così da rallentare la fermentazione alcolica.

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    Lievito

    Per questo sake viene usato il lievito Yamagata Kobo KA (che deriva dal Kyokai kobo 9) perché produce meno aminoacidi (a volte causa di un gusto non piacevole, amaro) e dà al sake un profumo di ginjo classico, elegante e non troppo vivace.

    Pastorizzazione

    Doppia pastorizzazione effettuata subito dopo la pressatura e al momento dell’imbottigliamento su piastre riscaldate per evitare l’ossidazione.

    Food pairing

    Questo sake si abbina benissimo con qualsiasi piatto a base di pesce bianco poco grasso, come branzino, sogliola o dentice, anche crudi come sashimi, oppure con carne bianca magra come pollo, tacchino o filetto di maiale.

    Ottimo anche con piatti leggeri preparati con dashi, brodo giapponese di Katsuobushi e alghe.

    YAKITORI di filetto di pollo con wasabi
    鶏ささみのわさび風味

     Hatsumago Dry

    Marinate i bocconcini di pollo con sake, cipollotti tagliati finemente e pepe per almeno 1 ora.

    Togliete la marinatura e create degli spiedini che poi griglierete su griglia o carbone.

    Mettete la marinatura in una piccola pentola e fate bollire aggiungendo un po’ di salsa di soia. Spalmate poi la salsa ottenuta sugli spiedini.

    Guarnite con un po’ di wasabi. Se riuscite a trovarlo fresco e da grattugiare, ancora meglio!

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